Museo delle Cappelle Medicee. Restyling esterno e interno di uno dei monumenti italiani più visitati
Firenze. Mentre è ancora in opera la nuova uscita delle Cappelle Medicee, al suo interno un recupero filologico riporta nella Sagrestia Nuova la luce voluta da Michelangelo
Le Cappelle Medicee, capolavoro del Rinascimento e Museo statale fin dal 1869, dal 2014 fanno parte del gruppo dei Musei del Bargello.
Il complesso, per vicinanza e storia, è strettamente legato alla Basilica di San Lorenzo, la parrocchia della famiglia dei Medici che dal XV secolo vi trovò sepoltura.
Diversi gli spazi monumentali compresi nel suo insieme: la Sagrestia Nuova, opera di Michelangelo che la progettò e decorò con magnifiche tombe scultoree, la Cappella dei Principi, mausoleo della dinastia arricchito da preziosi marmi policromi, la Cripta dove sono sepolti i Granduchi Medici e i loro familiari, e la Cripta lorenese, dove trovano posto il monumento funebre a Cosimo il vecchio “Pater Patriae” e le spoglie della famiglia dei Lorena.
Presso il Museo delle Cappelle sono inoltre conservati parati e reliquiari facenti parte del Tesoro della Basilica di San Lorenzo.
Una nuova uscita per le Cappelle Medicee
Fra non molto le Cappelle Medicee godranno di una nuova uscita coperta realizzata sul Canto dei Nelli, nella zona fra i corpi di fabbrica della Cappella dei Principi e della Sagrestia Nuova. Da lì, attraverso una scala, si potrà accedere agli interrati dove saranno posti i servizi e il bookshop.
Alla progettazione, bandita attraverso un Concorso internazionale voluto dal Museo Nazionale del Bargello in collaborazione con la Fondazione Architetti Firenze, hanno partecipato, nel 2017, oltre 100 studi professionali. Scaduto il bando nel febbraio 2018, nel successivo maggio è avvenuta l’assegnazione. Vincitore del concorso è risultato lo Studio di Architettura Zermani e Associati di Parma al quale è stato assegnato un premio di 16.936,28 euro, oltre all’incarico per i successivi livelli di progettazione e per la direzione lavori. Il costo stimato dell’opera, di cui si prevede la chiusura entro il 2020, è di 540.000 euro.
È questa l’ultima tappa di un percorso iniziato nel 2009 volto al restauro dell’antico complesso museale, e nel caso specifico, della messa a punto di una via di uscita diversa da quella di accesso, arricchita da un spazio esterno riqualificato.
E intanto al suo interno…
Nuova fruizione della Sagrestia Nuova
Grazie al progetto di manutenzione e restauro promosso dai Musei del Bargello in partnership con Lottomatica, è migliorato lo spettacolo di cui il pubblico può godere visitando la Sagrestia di Michelangelo Buonarroti nel Museo delle Cappelle Medicee.
A fare la differenza è stata l’applicazione di un concetto di tutela “evoluto” che ha visto affiancarsi all’opera di pulitura il ripristino delle condizioni originarie di fruizione visiva del bene.
Nella fattispecie questo è significato ricreare o quanto meno riuscire ad evocare nell’ambiente della Sagrestia le condizioni di luminosità pensate a inizio Cinquecento da Michelangelo.
A porre in atto “la magia” sono stati lo storico dell’arte e restauratore Antonio Forcellino e il maestro delle luci Mario Nanni supportati nel loro lavoro da Monica Bietti, storico dell’arte Responsabile del Museo delle Cappelle Medicee, e da Maria Cristina Valenti, architetto Responsabile tecnico dei Musei del Bargello.
In pratica il lavoro è consistito – oltre che nel pulire le monumentali tombe decorate di splendide sculture – nel ricreare artificialmente, la luce naturale che originariamente proveniva, oltre che dal lucernaio, dalle finestre; un chiarore diffuso che a causa della successiva costruzione della Cappella dei Principi si era perduto.
Il progetto di Michelangelo
Nel 1519 Michelangelo venne chiamato dal cardinale Giulio de’ Medici a ideare la Sagrestia Nuova, per volere di papa Leone X de’ Medici. I lavori, che cominciano l’anno successivo, prevedevano la realizzazione di una cappella sepolcrale per i principi e duchi Medici Giuliano e Lorenzo, rispettivamente fratello e nipote di Leone X, prematuramente scomparsi, da posizionarsi specularmente alla Sagrestia Vecchia di Brunelleschi, edificio dall’altra parte della Basilica di San Lorenzo.
Per la nuova Cappella, Michelangelo studiò una particolare illuminazione funzionale a dare risalto all’intero ambiente: la luce sarebbe arrivata da diversi luoghi: dall’alto, attraverso una lanterna a poliedro dorato posta a chiusura della cupola, dalle finestre poste al primo ordine sui lati nord e ovest e al terzo ordine est e ovest, e da un finestrone sul lato sud.
A lavoro finito l’intera Sagrestia si sarebbe presentata come un tutt’uno composto da forme architettoniche, tombe e decorazioni parietali illuminate da una luce naturale diffusa; in più, i raggi solari penetrando da alcune finestre, durante le ore del giorno avrebbero colpito i gruppi scultorei fornendo di essi visioni plastiche sempre nuove.
L’ingegnosa opera mandata avanti per diversi anni da Michelangelo secondo progetto, non verrà portata a termine da lui.
Schieratosi contro i Medici in occasione della rivolta repubblicana del 1527, una volta ripristinato il governo mediceo a Firenze (1530) egli dapprima dovrà nascondersi nel vano che aveva realizzato sotto la Sagrestia Nuova – la così detta “stanza segreta” – e poi dovrà partire: Papa Clemente VII (Giulio de’ Medici), infatti, gli fa sapere che intende, sì, perdonarlo, ma in cambio l’artista deve tornare a Roma per dipingere il Giudizio Universale e portare a termine la tomba di Giulio II.
Michelangelo lasciò definitivamente Firenze nel 1534 lasciando la Sagrestia Nuova incompiuta e con quasi tutte le statue pronte ancora da posizionate. Tra il 1533 il ’37 sarà Raffaello da Montelupo ad eseguire la statua di San Damiano secondo un modello del Maestro, e Giovanni Agnolo Montorsoli a scolpire, in modo prevalentemente autonomo, il San Cosma.
Dal 1556 al 1559 il Vasari prenderà in mano il progetto di allestimento della Sagrestia Nuova e lo porterà a termine così come oggi lo vediamo, con la sistemazione delle tombe dei Magnifici Lorenzo e Giuliano nel sarcofago dove sopra sono posti la Madonna di Michelangelo e i santi Cosma e Damiano degli allievi. Nel 1563 l’allestimento sarebbe stato completato secondo i progetti di Cosimo I.
Il restauro della luce di Michelangelo
Nel 1604 Ferdinando I de’ Medici diede il via alla costruzione della Cappella dei Principi voluta dal padre Cosimo I, realizzata a ridosso della Sagrestia Nuova tra il XVII e il XVIII secolo. In alcuni periodi dell’anno, l’ombra della sua grande cupola avrebbe modificato per sempre le condizioni di luce diffusa all’interno della Sagrestia.
Che scultura e uso della luce naturale fossero profondamente connesse nell’arte di Michelangelo è cosa nota. Tanta attenzione e scrupolo nello scegliere le posizioni delle aperture della Sagrestia originavano dallo studio di quanto Leonardo aveva teorizzato nel “Trattato della Pittura”. In quelle pagine l’artista di Vinci aveva distinto due tipologie di luce: quella diretta naturale e quella indiretta (“lumi secondari”) che si veniva a creare col riverbero dei raggi solari sulle superfici chiare. Così ragionando Leonardo aveva applicato alla sua pittura quelle teorie. Michelangelo, riprendendole, le aveva riportate in ambito scultoreo.
Pertanto, nella Sagrestia Nuova l’uso del marmo bianco, nelle sue diverse lavorazioni, si pone in stretta relazione con l’illuminazione del luogo. Come è facile vedere, nella rifinitura delle statue alcune parti sono lasciate più grezze ed altre viceversa sono portate “a lustro” a seconda di come l’artista prevede che all’impatto con la luce debbano reagire (ombre, chiaroscuro). In più, in tutto l’ambiente fenomeni di irraggiamento indiretto producono effetti differenti nel corso delle stagioni e nell’arco della giornata. Ne sono un esempio la statua della Notte, che durante certe ore del giorno è illuminata dal basso grazie alla rifrazione sul rivestimento marmoreo inferiore destro della parete est, e la statua dell’Aurora che, per effetto del riflesso del marmo retrostante, al mattino viene illuminata anche da dietro.
Dallo studio della complessità illuministica dell’opera originaria, l’equipe di restauro è partita per realizzare un recupero che, senza tentare un ripristino delle condizioni luminose precedenti alla costruzione della Cappella dei Principi, ridesse in qualche modo la perduta continuità della luce soffusa originaria data da Michelangelo. A questo scopo, sul cornicione del secondo ordine della Sagrestia sono stati collocati dei fari a led che producono una luce di media intensità. La loro colorazione è stata calibrata rilevando lo spettro luminoso del sole vicino al Complesso di San Lorenzo, in modo da ottenere un risultato quanto più possibile conforme alla luce naturale originaria.